Descrizione

Fiesco è un piccolo paese dell' alta provincia di Cremona, dalla quale dista 33 Km, posto a 74 metri sul livello del mare; l'estensione del territorio, interamente pianeggiante, è di Km quadrati 8,09.
Durante il periodo comunale e per tutto il periodo dell' antico regime, Fiesco si trovava lungo la linea occidentale del confine cremonese con il territorio Cremasco.
Il forte antagonismo di Crema nei confronti di Cremona e la successiva costituzione del territorio Cremasco in enclave veneta nel Ducato di Milano è stata la caratteristica principale che ha segnato la storia del paese.
Alcuni dati disponibili relativi alla popolazione, che conta oggi 813 abitanti, ci mostrano un andamento altalenante della stessa che tuttavia non ha mai superato le 1300 unità, con media di 944 abitanti calcolata dal 1580 ad oggi.
La sua superficie agraria era nel 986 di ettari 761 dei quali ettari 151 asciutti e 610 irrigui.
I dispensatori di acqua irrigua sono le numerose rogge che solcano il territorio comunale, ricchezza e vanto della pianura cremonese, alcune delle quali hanno origini molto antiche.
Il capoluogo ha sotto di se alcuni cascinali sparsi, un tempo molto popolosi ma ora pressoché abbandonati.
Tra essi merita una particolare menzione la località S. Marta, che fino alla caduta dell' antico regime ha costituito una realtà a sé stante. Oggi è un agglomerato agricolo con ampi e spaziosi edifici adibiti ad istituto educativo gestito dai Salesiani, anch' esso purtroppo toccato da una grave crisi.
La vocazione agricola del comune è stata prevalente fino a qualche decennio fa e lo è ancora oggi con la presenza di 21 aziende, alle quali però si sono aggiunte in questi ultimi anni, una quarantina di imprese artigianali, cinque industriali e otto commerciali.
Nonostante le ristrette dimensioni del paese, la vita comunitaria è abbastanza vivace grazie alla presenza di un gruppo di volontariato, di due società sportive e ricreative e finanche di un gruppo corale.
Il forte decremento della natalità di questi ultimi anni ha portato alla soppressione del plesso scolastico e il conseguente trasferimento degli alunni nelle vicine scuole medie ed elementari di Trigolo.
Le attività culturali sono svolte dalla Biblioteca Comunale, ricca di oltre 7000 volumi, che registra un considerevole numero di utenti in rapporto alla popolazione.
L'edificio più antico è la chiesa parrocchiale dedicata a S. Procopio, risalente al Sec. XVI e successivamente ampliata, ma quasi con certezza edificata sul luogo stesso di altra costruzione preesistente.
Va ricordato infine quello che rimane di un oratorio dedicato a S. Rocco, oggi sfigurato e ridotto a magazzino.

E' convinzione degli etimologisti che il nome del paese derivi dal latino "flexus", con riferimento ad una piega o curva che qui formava un corso d'acqua o una strada. In effetti il documento cartografico più antico a nostra disposizione, cioè la mappa del paese realizzata all' inizio del sec. XVIII per il catasto cosiddetto Teresiano, evidenzia una stretta curva della strada proveniente da Trigolo, la quale si piega a gomito in corrispondenza di un dosso sul quale è raccolto il nucleo più antico e principale del paese.
Altri autori propongono la tesi che in questa località si trovasse il bivio di un antico collegamento stradale di Piacenza con Bergamo e Brescia.
Le testimonianze della presenza di antichi abitatori nella zona che fa capo al comune attuale, sono date da casuali ma significativi ritrovamenti archeologici, illustrati in un articolo di Angelo Aschedamini, sacerdote e studioso scomparso negli anni '80 pubblicato sul settimanale diocesano di Crema (Il Nuovo Torrazzo del 30 giugno 1970) dal titolo : "Fiesco il paese … del bivio", che occupa una pagina intera del giornale.
Qui l'autore riferisce che :
"In un pomeriggio di novembre dell'anno 1970, con la compagnia dell' esperto sig. Riccardo Pigola, amico del sig. Carlo Bianchissi, e come lui ricercatore fin dalla gioventù di selci preistoriche alle valli di Bressanoro, ho fatto una ispezione a sud del paese, e in un campo del sig. Silvio Biondi di Fiesco, ho trovato ottimi elementi di selce scheggiata, della stessa produzione di Bressanoro.
Non hanno una funzionalità ben definita queste selci scheggiate, e non sembra possibile dedurre, anche approssimativamente, l'età dell' insediamento. Ricordando però la vicinanza con le valli di Bressanoro è ragionevole pensare che si tratti di una testimonianza almeno neolitica, di un periodo perciò che va da 4000 a 7-8000 anni fa. Nel medesimo campo, pare nel 1960, sono state scoperte tombe fatte con tegoloni in terracotta di fattura medioevale, delle quali si vedono ancora oggi [1974] grossi frammenti. All' interno delle tombe, secondo l'affermazione dello stesso sig. Biondi, sono stati recuperati due oggetti di interesse archeologico, portati a Milano e custoditi nei depositi della soprintendenza : un arco ed una spada.
L'arco, sempre secondo il sig. Biondi, era in ferro, con una apertura di 60 cm. Circa, munito di innesto centrale, con un anello ed un gancio alle due estremità per la tensione della corda, dalla forma di un semicerchio. Poteva essere un arco di balestra barbarica medioevale per lanciar sassi o frecce. La spada pure in ferro, lunga circa 120 cm. doppio taglio, era munita di una impugnatura obliqua e di guardia. Dalla sagoma della guardia (due lamine incrociate) e dalla dimensione della lama, pare si tratti di una spada carolingia.
Non e' facile persuadersi sulla integrità della segnalazione fatta dal sig. Silvio Biondi, come capita spesso nei ricordi popolari di guerre e pestilenze che hanno seminato i nostri campi di ossa umane e di cappellette votive.
Nel museo archeologico di Cremona, custodito in una vetrinetta, è conservato il corredo di una tomba longobarda proveniente da Fiesco. Sono tre pezzi: una spada longobarda (anno 568-774) in ferro, una impugnatura di scudo in ferro, una punta di lancia << lancelotata >> con immanicatura tubolare << a cannone >>, pure in ferro.
Sono stati trovati il 20 aprile 1947 nel campo detto << Campo Basso >> che era stato abbassato di circa 150 cm. Oggi si presentano assai rovinati dall' ossido di ferro, ed in cattivo stato di conservazione. La spada a doppio taglio è lunga oltre un metro, ha una impugnatura in ferro che doveva essere ricoperta da legno o da osso, munita di una guardia piatta in ferro con due fori all' estremità che servivano probabilmente per la sua sospensione nella guaina dell'equipaggiamento militare del cavaliere. L'arco di ferro molto ossidato purtroppo, può essere l' impugnatura di uno scudo, ma non risultano prove determinanti : assomiglia molto ad un arco di corda per balestra, modificato nella sagoma durante il lavoro di recupero.
Ci si accorge però della tentazione irresistibile di identificare la testimonianza del sig. Biondi con i reperti custoditi nel Civico Museo Archeologico di Cremona. Le differenze non sono sostanziali; e qualche particolare ricordato (l'impugnatura obliqua, la guardia, gli agganci terminali dell'arco) possono essere esistiti realmente; e tanto più è convincente questo confronto se si pensa che il Biondi non avrebbe potuto inventare queste caratteristiche tipiche dell' armatura barbarica.
La lancia, anche se rovinata dalla ruggine che ha distrutto quasi metà lama, dimostra chiaramente la funzionalità militare per la guerra: era l'arma più comune dell' antichità
Infine voglio accennare a qualche frammento di ceramica medioevale ricuperata nello stesso campo delle selci: sono poca cosa, è vero, ma per lo studioso è un sintomo eloquente".

Fatte salve le affermazioni che riguardano la testimonianza diretta e personale di Aschedamini, tutte le altre notizie riferite non hanno altro riscontro.
Negli archivi della Soprintendenza Archeologica per la Lombardia esiste un solo documento che riguarda Fiesco. Si tratta di una lettera inviata dall' ispettore onorario Giuseppe Pontiroli, al prof. Mirabella Roberti della Soprintendenza Archeologica della Lombardia il 24 aprile 1967, che andiamo a leggere per intero:
" Cremona 24 aprile '67.
Ill.mo Prof. Mirabella, grazie per la graditissima cartolina da Lordes.
Lei invece avrà trovato il lungo papiro del rapporto sul tesoro di S. Daniele Ripa Po e giornali con notizie inerenti più o meno interessanti.
Oggi a Fiesco, comune tra Soresina e Castelleone, in provincia sempre, ho recuperato materiale che ritengo longobardo:
spada di ferro con crocera, non integra
punta di lancia a cannone, non integra
altri pezzi pure di ferro di meno facile identificazione, forse uno a tortiglione è parte di scudo.
Il tutto era in una tomba i cui elementi di riconoscimento erano uno strato di terra nera di ampiezza di m. 2,20 X 1,50 circa con spessore di strato di cm. 15 circa.
Il luogo : Campo Basso, detto forse così perché ribassato da tre anni, per cui la tomba oggi scoperta a fior di terra sarebbe stata a m. 1,50 circa di profondità, prima dello sbancamento del terreno.
Anche in precedenza erano stati trovati materiali ferrosi dispersi perché non riconosciuti … , come pure nelle vicinanze del campo Basso … [i puntini stanno ad indicare alcune parole illeggibili sulla fotocopia fornita dalla Soprintendenza].
Ritrovatore dei materiali odierni :
Sig. Biondi Silvio, abitante a Fiesco in via A. Manzoni 7, fittabile.
Proprietà del terreno la Parrocchia. Il materiale da me oggi recuperato è già al Museo dalle ore 18. La sig.na Tamassia ha "razziato" gli ossi lavorati provenienti dall' esterno alle absidi di S. Lorenzo.
Qui si attendono tanti materiali restaurati. Temo qualche volta d'essere portato anch'io in Soprintendenza ma non in vetrina ! E allora …!
Arrivederci. Pontiroli ".

Purtroppo il materiale recuperato di cui si parla nella lettera non è visibile perché tutta la sezione archeologica del Museo cremonese si trova imballata nei depositi.
In questi ultimi anni tuttavia lo stesso Pontiroli ebbe a riconfermare l'importanza archeologica del sito di Fiesco, includendo nel gruppo di paesi che hanno restituito materiale celtico e romano, cioè Barzaniga, Trigolo, Fiesco appunto, Cappella Cantone, Castelleone e Genivolta (Pontiroli G.. << Le origini >>, in : " Soresina ", p.37).
La situazione dei ritrovamenti archeologici nel territorio compreso tra l'Adda e l'Oglio è stata riassunta da L. Passi Pitcher nel 1990 in: "Riti e sepolture tra Adda e Oglio dalla tarda età del ferro all' Alto Medioevo". Qui sono indicate per il periodo tardo antico e altomedievale, tra le altre, le più ricche e famose tombe scoperte a Offanengo (Dossello), nonché quelle di Ticengo e Ronco Todeschino. Quest' ultima ubicata nel campo Fontana, a poche centinaia di metri dal territorio comunale di Fiesco.
In questa pubblicazione, per il periodo longobardo si fa qualche confusione tra il disegno e la numerazione delle didascalie, che pongono Fiesco ad Ovest di Crema, ma si tratta comunque di una svista, che non mette in dubbio l'esistenza della tomba rinvenuta nel Campo Basso.
La più antica testimonianza scritta che abbiamo del luogo di Fiesco, ci è data dall'inventario dei beni del monastero di Bobbio, in provincia di Piacenza, redatto nel Sec. IX. Qui è nominato "Flexum" assieme ad altre località dove quel monastero aveva possedimenti agricoli. Proprio al confine di Fiesco con la corte di Bressanoro sorgeva infatti l'Abbadia di S. Marta in Trignano (così si chiamava la località) che dipendeva da quel monastero piacentino. La storia di questa abbazia è ancora tutta da scrivere. Un primo approccio con l'argomento è stato fatto nel 1985 da Manrico Ferrari.
Un'altra testimonianza scritta ci è fornita da una antica pergamena conservata nel ricco archivio abbaziale di S. Silvestro di Nonantola, antichissimo e rinomato cenobio in provincia di Modena.
Da questo documento si apprende che nel luogo dove dicono "Flesco", ("a locus ubi dicitur Flesco"), nel 1110 c'era un mulino che apparteneva a un certo Omodeo soprannominato Penna e a sua moglie chiamata Bellesinda.
Tutto ciò che sappiamo di questi due personaggi lo apprendiamo dalla stessa pergamena. Si sa che essi abitavano nel suburbio di Cremona, nella chiesa di S. Croce ("habitatoris ipsa ecclesia que nominatur a Sante Crucis") che doveva essere stata edificata da pochissimo tempo e che loro volevano che fosse intitolata alla Santa Croce.
Vicino a questa chiesa possedevano sette pertiche e mezza di terreno con casa, una parte del quale era aratoria e una parte a vigna. Sempre nei pressi e vicino ad un certo "ospitale" avevano altre cinque pertiche e mezza di terreno aratorio. Tutto il rimanente della loro proprietà era sparso su un territorio compreso negli attuali Romanengo, Salvirola, Fiesco, Albera e Genivolta.
Erano con ogni probabilità i discendenti di quelle popolazioni barbariche che si erano stanziate sul territorio qualche secolo prima, perché sia il marito che la moglie dichiarano di avere secondo la legge dei longobardi ("professi sumus nos jugalium lege vivere Langobardorum").
Omodeo detto Penna aveva un fratello germano di nome Alberto ed un nipote di nome Redaldus; a loro aveva dato notizia, secondo quanto prescriveva la loro legge, di quello che stava per fare in quel lontano 1110.
Infatti, il quarto giorno delle calende di Marzo di quell' anno donavano al già detto monastero di S. Silvestro, tutti i loro beni consistenti nei seguenti appezzamenti di terra.
Due sedimi con tre pertiche di vigna siti "ubi dicitur Brugo", località esistita fino alla fine del Sec. XVIII a sud-est dell' Albera; sempre in quei dintorni possedevano due iugeri di terra tra vigna ed aratorio, due altri appezzamenti di cinque pertiche ciascuno, più un altro appezzamento di tre pertiche aratorie.
Poi avevano quattro pertiche situate "in loco [ubi] dicitur Salone", con ogni probabilità in territorio di Salvirola. Altre sette pertiche aratorie vicino ad un certo fiume chiamao Luna ("prope fluvio qui nominatur Luna") e sempre lì vicino altri due appezzamenti di tre e cinque pertiche.
Si prosegue con un appezzamenti di quattordici pertiche situate "in loco ubi dicitur Terra de Arie" a cui fanno seguito altre nove pertiche tra bosco e aratorio situate "in loco Perdero"; altre sei pertiche tra bosco e aratorio situate "in loco Brugnolo"; altre sei pertiche "in loco Cazano"; altre quattordici pertiche tra campo e bosco situate in "clausura qui nominatur Bracco"; si ritorna quindi con altre undici pertiche situate nel già detto "loco Terra de Arie in alio loco"; due iugeri "in loco Trifole"; quattro iugeri "in corte Bugnano, vel in curte Jovis Alta". Infine vengono elencati i mulini, cioè quello di Fiesco interamente di loro proprietà, la metà di un altro mulino situato "in loco Brexanore" ed infine la sesta parte di proprietà di un altro mulino che è detto essere vicino a quello di Bressanoro.

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